La qualità del lavoro agroalimentare, a cura di Gabriele Canali, Agrilavoro, 2022.
“Davvero non c’è umanità senza coltivazione della terra; non c’è vita buona senza il cibo che essa produce per gli uomini e le donne di ogni continente. L’agricoltura mostra, dunque, il proprio ruolo centrale. L’opera di quanti coltivano la terra, dedicando generosamente tempo ed energie, si presenta come una vera e propria vocazione. Essa merita di venire riconosciuta e adeguatamente valorizzata, anche nelle concrete scelte politiche ed economiche. Si tratta di eliminare quegli ostacoli che penalizzano un’attività così preziosa e che spesso la fanno apparire poco appetibile alle nuove generazioni” (Papa Francesco, 2015).
Partendo da queste parole di Papa Francesco, nel 2018 la Fondazione FAI Cisl – Studi e Ricerche, con il supporto della Fondazione Giulio Pastore, ha intrapreso un progetto di ricerca e studio sulle tematiche della quallità del lavoro nel sistema agroalimentare. La ricerca, suddivisa in due progressive fasi di approfondimento, è stata realizzata da Vsafe s.r.l., spin off dell’Università Cattolica del S. Cuore, sotto la direzione scientifica del prof. Gabriele Canali.
La ratio del progetto innovativo della Fondazione, a grandi linee anticipato nel Seminario di Studi promosso dalla Fondazione presso l’Università di Sassari, lo scorso 5 novembre, deriva dal voler indagare, ben oltre quanto viene attualmente fatto in Italia, la complessa realtà del sistema agroalimentare nostrano. Le ricerche italiane condotte negli ultimi anni da INPS e Crea, infatti, hanno portato alla pubblicazione di piccoli rapporti annuali che descrivono le principali tendenze in atto dal punto di vista congiunturale, valutando le variazioni dei dati più recenti rispetto a quelli dell’anno precedente. Oltre a limitarsi ad uno sguardo congiunturale, questi rapporti hanno un’altra forte limitazione: non provvedono ad una lettura in qualche modo integrata dei dati relativi all’occupazione agricola e nell’industria alimentare (incluse le bevande).
Queste due lacune sono affrontate da questo rapporto, il quale propone un primo tentativo di analisi integrata dell’occupazione nell’intero agroalimentare e con un approccio di medio termine, più attento alle tendenze di fondo del mercato del lavoro e di questi settori, piuttosto che all’analisi dei fenomeni di più breve portata. In questo senso, il rapporto rappresenta uno strumento di analisi e di informazione che si spera possa essere utile per consentire a tutti i portatori di interessi del settore di poter contare su dati accurati e aggiornati e di una illustrazione delle tendenze di fondo che normalmente sfuggono all’analisi periodica congiunturale.
Per lo stesso fine, il presente elaborato si è dato anche un altro obiettivo: quello di dettagliare l’analisi a livello regionale, anche integrando i dati relativi all’occupazione agroalimentare con quelli della produzione, sia agricola che alimentare. Ovviamente non si possono analizzare compiutamente i dati relativi al lavoro se non si leggono, allo stesso tempo, gli sviluppi o le contrazioni dei principali comparti produttivi a livello di singoli territori. Anche questo è un elemento che rende questo rapporto sul lavoro agroalimentare in qualche modo unico. La struttura dell’elaborato, inoltre, è pensata proprio per favorirne l’uso come strumento di analisi e di interpretazione delle tendenze del lavoro, su base territoriale, da parte degli stessi operatori, in primo luogo quelli più direttamente interessati ai dati sul lavoro: sindacati del lavoro dipendente, rappresentanze dei datori di lavoro, sia agricole che industriali, policy maker, studiosi.
Come anticipato, questo rapporto non rappresenta un punto di arrivo, bensì uno step intermedio del progetto di studio e ricerca promosso dalla Fondazione FAI Cisl – Studi e Ricerche. Esso, infatti, andrà ad essere affiancato da una seconda parte complementare alla prima, che si prevede possa concludersi entro la fine del 2022 e che consisterà nell’analisi di alcuni casi positivi di “buon lavoro” nell’agroalimentare italiano. Negli ultimi anni sono infatti cresciuti i rapporti che illustrano e analizzano le diverse forme di sfruttamento del lavoro, in particolare il fenomeno del caporalato, nonché di competizione distorta e di illegalità: basti pensare al fenomeno delle agro-mafie. Queste indagini hanno richiamato l’attenzione sulle gravi criticità che interessano parti anche importanti di filiere agroalimentari del nostro Paese, con gravi ripercussioni sia sociali che economiche ed ambientali.
Ciò che oggi manca a livello nazionale è un’analisi che aiuti anche a trovare e raccontare come vi siano, sempre nel nostro Paese e spesso anche nelle stesse filiere interessate da abusi e sfruttamento, sistemi produttivi e imprese che operano con successo e con coscienza del proprio ruolo economico e sociale, e con rispetto dell’ambiente: insomma sembrano mancare quelle che spesso in letteratura vengono chiamate “best practice”, le “buone pratiche”, le esperienze positive. Eppure nel nostro Paese, da Sud a Nord, da Est a Ovest, vi sono imprese, filiere, territori e comunità in grado di mostrare che un altro modo di vivere il territorio e di gestire le risorse è possibile, tenendo insieme sostenibilità ambientale, sociale e competitività.
Aldo Carera, Presidente della Fondazione Giulio Pastore,Vincenzo Conso, Presidente della Fondazione FAI Cisl – Studi e Ricerche